Per comprendere questo reato ci viene incontro il vecchio Esopo che ne "La Volpe e l'Uva" spiega come una volpe, affamata, entra in un terreno altrui e, tramite violenza (saltare e deturpare la povera vite) cerca di ottenere l'impossessamento dei grappoli altrui per mangiarseli.
Per configurarsi tale reato vi deve essere il dolo specifico e cioè la coscienza e volontà del fatto tipico accompagnato dal fine di perseguire un ingiusto profitto (non tutelato dall'ordinamento).
La Volpe quindi, anche se affamata, configura la fattispecie della Rapina Propria, ma, non riuscendo nella sua impresa, perché dichiara che l'Uva è acerba, compie solo un tentativo di rapina propria (reato complesso che unisce il furto dell'art.624cp con la violenza privata ex art. 610 cp).