"Il proprietario di un edificio o di altra costruzione è responsabile dei danni cagionati dalla loro rovina, salvo che provi che questa non è dovuta a difetto di manutenzione o a vizio di costruzione"- art. 2053 c.c.
La Bella e la Bestia ci consente di ritornare, dopo qualche tempo, all'interno di quella grande famiglia che è la responsabilità oggettiva (abbiamo trattato della responsabilità per danno cagionato da animali qui).
L'incantesimo della rosa, nella fiaba forse più romantica di tutte, ha avvolto completamente i possedimenti del principe Adam, ora tramutato in Bestia, portando alla rovina del castello. Il dettato dell'art. 2053 c.c. si occupa proprio di questo.
La norma contiene un principio di specialità rispetto all'art. 2051 (danno cagionato da cose in custodia), che di poco lo precede: lo confermano le pronunce di carattere processuale che hanno qualificato, infatti, la domanda di risarcimento per danno da rovina di edificio presentata in appello come domanda nuova e diversa (e quindi, come tale, inammissibile).
La responsabilità della disposizione in esame, similmente a quanto accade per il danno da cose in custodia, si fonda sul rapporto intercorrente tra il soggetto e la cosa (la costruzione, appunto). Colui che si trova gravato da responsabilità è qui il proprietario, venendo così in rilievo la sussistenza di quella situazione di diritto che sancisce l'appartenenza dell'edificio al soggetto, in contrapposizione al rapporto di fatto che sussiste, invece, nel 2051. Il che significa che occorrerà individuare l'effettivo proprietario del bene al momento del sinistro.
Non c'è dubbio, quindi, che unicamente la Bestia potrà essere chiamata in causa ove il decadimento del castello provocasse il ferimento del padre di Belle, lì riparatosi per sfuggire all'attacco dei lupi della foresta.
Non sarebbe pertanto responsabile, per esempio, un eventuale promittente all'acquisto, non essendo ancora in proprietà del castello. Lo stesso accade in caso di locazione dell'immobile, ove il conduttore potrà, al più, concorrere nella responsabilità del proprietario per altro titolo laddove abbia violato un obbligo lui imposto.
Se immaginassimo Lumière e Tockins come conduttori, ben capiremmo che non potrebbero essere chiamati a rispondere di alcunché riguardo al danno causato dal semplice crollo di una balaustra nella proibitissima ala ovest del castello.
È il proprietario dell'immobile locato a conservare la disponibilità giuridica e, quindi, la custodia delle strutture murarie e degli impianti in esse incorporati, rimanendone responsabile in via esclusiva. La locazione, inoltre, costituisce una delle possibili modalità di godimento dell'immobile, dalla quale il proprietario trae vantaggio economico, giustificando così il carattere oggettivo della sua responsabilità verso terzi.
Tutto il significato dell'articolo ruota attorno a due nozioni.
Il concetto di "edificio", che è stato ampliato nel tempo, era inteso dapprima solo in senso stretto (immobile costruito in mattoni o cemento armato, destinato all'abitazione o ad altro uso, pubblico o privato) per venire successivamente affiancato dalla dicitura "altra costruzione", confluita nel codice a specificare come ai fini della norma vada considerata qualsiasi opera umana, artificiale, connessa al suolo e che si eleva sopra o sotto di esso, conservando una propria funzionalità (anche in via provvisoria), nonché le singole parti. Saranno così parte dell'edificio anche pertinenze ed accessori che siano stabilmente incorporati nella costruzione: i bellissimi fregi che ornano il cancello nel giardino della Bestia; i possenti battenti sul portone del castello; le vetrate antiche, e così via.
Il secondo elemento cardine è quello della rovina. Interpretata dalla giurisprudenza in senso molto ampio (e libero), questa nozione identifica non solo il crollo dell'intera costruzione ma anche il distacco di singole parti. È rovina qualsiasi rottura che comporti un'alterazione funzionale della costruzione: questo comporterà che il principe Adam potrà essere citato in giudizio ai sensi del 2053 c.c. con riguardo ad ogni dissesto, sia pure limitato, degli elementi strutturali del suo castello.
È bene ricordare, però, come tra le idee di "guasto" e rovina non ci sia identità: non il minimo guasto potrà assimilarsi ad essa, ma lo potrà diventare qualora ne derivi una disgregazione di parte dell'edificio.
Quanto al rapporto di causalità, se non appare difficile accertare l'esistenza di un nesso eziologico quando il crollo è contestuale al sinistro, più arduo lo sarà quando tale contestualità manchi; sarà necessario ricostruire attentamente il fatto per appurare che la rovina sia l'antecedente necessario dell'evento (o verificare, ad esempio, che non si tratti di un diverso tipo di danno).
La prova liberatoria, unica via concessa al principe per esonerarsi da qualsivoglia pretesa, risiede nel provare che la rovina non sia dovuta a:
- difetto di manutenzione;
- vizio di costruzione.
Non sarà libero pur provando l'ignoranza del vizio o l'imprevedibilità della rovina, né che la costruzione sia stata eseguita a regola d'arte e che la manutenzione fosse perfetta. Come per altre ipotesi di responsabilità oggettiva, la prova si rivela qui abbastanza rigorosa risolvendosi il contenuto del caso fortuito in un fatto positivo esterno, idoneo ad escludere l'equazione crollo-danno.
Processualmente, la vittima si limiterà alla dimostrazione del nesso causale tra rovina e danno, ed il convenuto dovrà individuare l'esimente in grado di interrompere tale nesso.
La responsabilità per rovina di edificio (o di altra costruzione) ai sensi dell'art. 2053 cod. civ. può quindi essere esclusa soltanto dalla dimostrazione che i danni causati dalla rovina dell'edificio non siano riconducibili a vizi di costruzione o difetto di manutenzione, bensì ad un fatto dotato di efficacia causale propria, rilevante.
Tale accezione di caso fortuito comprenderà le ipotesi di fatto del terzo e fatto del danneggiato (art. 1227 c.c.) intese quale condotta autonoma, imprevedibile ed inevitabile. Restano a carico del proprietario, invece, le cause ignote (povero principe…). Ma com'è che si dice? "onori e oneri": al nostro Adam non resta che contare sull'appoggio di Belle, l'unica che sia mai riuscita ad amare…una Bestia.