"13. Siate sottomessi, per amor del Signore, a ogni umana istituzione: al re, come al sovrano". Scrive così Pietro e narra così la Bibbia. Che ruolo assume la Bibbia e come si lega il suo destino con quello del diritto che va formandosi?
Spostandoci in avanti lungo la linea del tempo, attraverso il nostro viaggio nella filosofia del diritto, iniziamo ad aprirci una strada verso il medioevo. Un'epoca complicata e spesso fraintesa, a volte persino sminuita: non ci si rende conto di quanto, invece, sia stata fondamentale.
Il politico e giurista Ulpiano (170-228 d.C), uno tra i più grandi esponenti della dottrina giudaico-romana, afferma che il diritto (ius) si chiama in questo modo perché deriva dalla giustizia (in latino, iustitia). Tale affermazione etimologica, benché chiaramente errata, verrà poi posta in apertura del Digesto, vale a dire, la parte del corpo di legge giustinianeo che raccoglie le opere dei principali giuristi romani.
La Giustizia, per Ulpiano, è un'arte, l'arte più importante di tutte, perché si occupa del bene e dell'equità. L'errato collegamento etimologico, però, mostra come si cercasse in ogni modo di collegare il diritto ad un ipotetico valore che potesse fondarlo (e, quindi, giustificarlo).
Ulpiano mette in guardia: è importante distinguere la "vera philospophia" (presumibilmente, l'etica di Platone, Aristotele, Seneca…) da quella "simulata" (ossia, probabilmente, la sofistica). Una distinzione già presente in Seneca.
È interessante notare che una simile distinzione la ritroviamo, nello stesso periodo, nelle prime opere cristiane, che intendono per "vera filosofia" la parola di Cristo, opponendola alla tradizione filosofica greca[1].
Guardiamo ora come il Digesto a riportare i tre "principi della giustizia" di Ulpiano: "vivere onestamente, non danneggiare gli altri, dare a ciascuno il suo". Con un semplice colpo d'occhio, ci rendiamo conto di quanto i Romani (e i Greci) non distinguessero il "diritto" dalla "morale": come potrebbe "il vivere onestamente" essere un precetto giuridico?
Poco a poco notiamo i primi segni del futuro legame tra politica, diritto e religione, riferendoci ovviamente al Cristianesimo. Un parallelo interessante: un passo delle Istituzioni di Ulpiano riportato nel Digesto afferma che "ciò che ha voluto il sovrano ha vigore di legge"[2]: formalmente, il potere viene conferito al sovrano dal popolo, e la legge dipende dalla volontà del sovrano. Il sovrano resta così libero dal vincolo delle leggi. È bene fare due osservazioni.
Prendiamo ad esempio questo primo passo dell’Apostolo Pietro (Pietro, 2:13-17) tratto dalla Bibbia:
"13. Siate sottomessi, per amor del Signore, a ogni umana istituzione: al re, come al sovrano; 14. ai governatori, come mandati da lui per punire i malfattori e per dare lode a quelli che fanno il bene. 15. Perché questa è la volontà di Dio: che, facendo il bene, turiate la bocca all’ignoranza degli uomini stolti. 16. Fate questo come uomini liberi, che non si servono della libertà come di un velo per coprire la malizia, ma come servi di Dio. 17. Onorate tutti. Amate i fratelli. Temete Dio. Onorate il re".
In questo passo della Bibbia viene sottolineata l'importanza della sottomissione al sovrano, anche se per i Cristiani la sottomissione al sovrano deriva dalla volontà di Dio.
È Dio infatti che ci comanda di sottometterci ad ogni autorità costituita, e, come notiamo in questo passo di Pietro, sono possibili veri "livelli" o "gradi" di autorità (re, sovrano, governatori…). È come se si andasse nella direzione della costruzione di una gerarchia il più possibile ordinata. Ed è per questo che è fondamentale notare come il fenomeno della gerarchizzazione ed sistemizzazione del diritto stava accadendo tanto nel tardo paganismo quanto nel Cristianesimo.
Approfondiremo la questione parlando del ruolo dell'imperatore Giustiniano nel prossimo articolo, per cercare di capire in che modo il suo intervento sia stato fondamentale per la sistemizzazione e la formalizzazione del diritto romano.
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[1] Gregorio Taumaturgo, Encomio ad Origene (11, 134-135).
[2] Dig., 1, 4, 1, pr. .