Nani è arrivata al limite della sopportazione e non riesce più a badare alla pestifera sorellina Lilo. Così decide di farle adottare un cane. Arrivate al canile la piccola Lilo si innamora immediatamente di Esperimento 626 e sia la sorella che la responsabile del canile dubitano fortemente che si tratti di un cane ma alla fine acconsentono che Lilo porti a casa questa "creatura".
Nell'adottare questo animale sia Nani che Lilo agiscono in mala fede. Infatti, ex art. 1147 c.c., si ritiene possessore in buona fede soggettiva "chi possiede ignorando di ledere l'altrui diritto". Per cui, qualora un soggetto possegga un bene mobile ignorando di ledere il diritto altrui possiederà il bene in buona fede e quindi potrà giovare degli effetti, fra cui l'acquisto a titolo originario del bene nonché i diritti di usufrutto, uso e pegno ex art. 1153 c.c. . Quindi se Nani e Lilo non si fossero accorte che quella creatura non era un cane, sarebbero state in buona fede.
Ma la buona fede soggettiva del possessore "non giova se l'ignoranza dipende da colpa grave" ( 1147 c.c. 2 comma primo periodo). Per cui, come nel caso di specie, qualora l'ignoranza di ledere il diritto altrui dipenda da colpa grave e cioè da una grossolana violazione dell'obbligo di diligenza che si discosta in maniera evidente dal comportamento dell'agente dalle regole di diligenza, prudenza e perizia che il caso concreto avrebbe richiesto di osservare, il possesso in buona fede viene a mancare. Nani e Lilo avevano capito benissimo sin dall'inizio che quella creatura che si trovava nel canile non era affatto un cane e quindi non poteva essere adottato!
Leggendo insieme gli articoli 1147 e 1153 c.c. si desume che la buona fede deve essere presente al momento dell'acquisto del bene e non rileva la malafede successiva all'acquisto. Pertanto, mancando qui da parte di Nani e Lilo la buona fede al momento dell'acquisto del cane ( che come abbiamo visto non è un cane e loro ne erano a conoscenza) pur essendovi un titolo validamente astratto per l'acquisto (la ricevuta da parte della responsabile della vendita del "cane"), non può esservi in nessun caso il possesso in buona fede.
Ex art. 1147 c.c. secondo comma secondo periodo, ai fini processuali, la buona fede è presunta ma sarà semplice alla Presidentessa del Consiglio come parte in causa contestare e provare la mala fede del possessore.