Il Grande Principe della foresta, colui che veglia sul bosco e ne protegge gli abitanti dai pericoli dell'uomo, è diventato papà di un piccolo e tenero cerbiatto: il suo nome è Bambi. Egli fa rapidamente amicizia con un coniglietto di nome Tamburino, con una moffetta maschio di nome Fiore e con Amico Gufo. Alla fine dell’inverno, però, la madre di Bambi viene uccisa da un cacciatore.
Supponiamo che anche il padre, il Grande Principe della foresta, venga ucciso assieme alla madre di Bambi. In questo preciso momento, a livello giuridico, si apre una successione mortis causa, nella quale l'avente causa è Bambi e il dante causa è il Grande Principe della foresta.
Alla morte del padre, dunque, Bambi subentra per legge come erede assumendo così sia la qualifica di chiamato all'eredità sia il diritto di accettare o meno il lascito del padre (vedi articolo al seguente link).
Supponiamo inoltre che Bambi non manifesti immediatamente la sua volontà di accettare l'eredità del padre, ossia quello di diventare il "Grande Principe della foresta". Ai sensi dell'articolo 459 del codice civile, egli non può essere ancora considerato titolare del patrimonio ereditario (vedi articolo al seguente link).
La domanda che ci poniamo è la seguente: se Bambi non accetta il patrimonio ereditario, quest'ultimo da chi e in che modo verrà gestito?
Occorre, per rispondere al quesito, ricordare che ai sensi dell'art. 456 del codice civile la successione ereditaria si apre con la morte del de cuius, ossia il defunto, e che ai sensi dell'art. 459 del codice civile l'eredità si acquista con l'accettazione (vedi i seguenti articoli: articolo 1 e articolo 2).
Si ha quindi un periodo di tempo tra l'apertura della successione– che coincide con la morte del defunto– e l'accettazione dell'eredità in cui il patrimonio del de cuius è privo di un titolare e di conseguenza esso necessita di essere tutelato e gestito nell'interesse di chi sarà l'erede.
È proprio in questo preciso momento che si colloca l’istituto giuridico dell'eredità giacente la cui funzione è di assicurare, attraverso la tutela e la gestione, la continuità del patrimonio del defunto in vista dell'accettazione da parte di qualche soggetto legittimato all’eredità.
Il primo comma dell'articolo 528 del codice civile dispone che: "Quando il chiamato non ha accettato l'eredità e non è nel possesso di beni ereditari, il tribunale del circondario in cui si è aperta la successione, su istanza delle persone interessate o anche d'ufficio, nomina un curatore dell'eredità".
Purtroppo la legge a tal riguardo non fornisce alcuna definizione di eredità giacente ma si limita solamente a delinearne i presupposti.
Dunque si ha l'eredità giacente quando:
- Il chiamato non ha ancora accettato l'eredità patrimoniale. Ad esempio, qualora Bambi dovesse manifestare la volontà di diventare il Grande Principe della foresta, e quindi diventare l'erede del patrimonio del defunto, non si parla più di giacenza dell'eredità bensì di accettazione della stessa;
- Il chiamato non è titolare di alcun bene ereditario;
- È stato nominato un curatore dell'eredità giacente. Ad esempio viene nominato quale curatore dell'eredità giacente Tamburino. In questo modo Bambi avrà tutto il tempo per pensare se accettare o meno l'eredità del padre.
Infine è da ricordare che vi sono tre effetti negativi dell'eredità giacente sul chiamato.
Nello specifico:
- Secondo l'ultimo comma dell'art. 460 del codice civile il chiamato non può compiere azioni possessorie, atti conservativi, di vigilanza o di amministrazione temporanea dal momento in cui viene nominato un curatore dell'eredità poiché il titolare di queste azioni è già il curatore stesso. L'azione del chiamato, infatti, sarebbe solo di intralcio all'operato del curatore.
- Ai sensi dell'articolo 2830 del codice civile, il chiamato non può iscrivere ipoteche giudiziali sui beni ereditari.
- Nel caso di liquidazione dell'eredità, il chiamato non può promuovere procedure esecutive sui beni dell'eredità ad istanza dei creditori.