Il 16 ottobre del 1793 avviene l'esecuzione di Maria Antonietta. La ghigliottina precipita, un tonfo sordo, e la "giustizia" segue il suo corso. Così si conclude un triste e controverso capitolo della Storia europea (quello della Rivoluzione francese), ma anche uno dei più celebri manga e anime di sempre: Lady Oscar.
La storia, come tanti sapranno già, narra la vita della regina Maria Antonietta dall’arrivo in Francia fino alla sua morte, affiancata dalla curiosa e imprevedibile figura di Lady Oscar.
Questo pezzo di storia (e questo anime) aprono ad una serie di riflessioni su un tema centrale nella storia dell'uomo e della società: la pena di morte.
Qualche decennio prima dello scoppio della Rivoluzione francese, nel 1764, il filosofo, giurista ed economista milanese Cesare Beccaria pubblica "Dei delitti e delle pene", testo che si inserisce pienamente nel clima dell'illuminismo europeo con una lucida critica al sistema della pena di morte.
Cesare Beccaria sostiene fermamente che ci sia un rapporto diretto tra qualità di vita, la giustizia sociale e i delitti che vengono compiuti da determinati individui nella società.
Ecco quindi da dove viene l'inutilità della pena di morte nella visione di Beccaria: non si tratta di una pena risolutiva, non modifica né l'individuo né la società, e soprattutto rende lo stato criminale e colpevole a sua volta, perché lo porta a compiere un omicidio.
La pena, secondo Beccaria, deve avere lo scopo di rieducare e reinserire in società, non di eliminare l'individuo, anche perché Beccaria spiega come il criminale sia più portato a temere l'ergastolo che la pena di morte (la pena di morte è una sofferenza tutto sommato rapida, mentre una pena educativa sarebbe non solo più dolorosa, e quindi più esemplare, ma anche utile socialmente).
In relazione alla storia che stiamo analizzando c'è da dire che Beccaria ammette il ricorso alla pena capitale in quei rari casi in cui l’eliminazione del singolo individuo rappresenta l'unico motivo che allontana altri membri della società dal compiere delitti simili: pensiamo a personaggi politici influenti, a coloro che guidano le rivolte, agli anarchici…
Potremmo quindi supporre che, nel caso specifico della Rivoluzione francese, la pena di morte con "fine sociale" nella visione di Beccaria sia "ammessa".
Tuttavia c'è da chiedersi se e in che misura la pena di morte ai giorni nostri, che è ancora applicata in ben 53 stati del Mondo, rappresenti qualcosa di "giusto" o corrisponda con l'applicazione della giustizia.
Tendenzialmente il dibattito sulla pena di morte nel mondo occidentale sembrerebbe essere chiuso, con la quasi totale eliminazione della pena di morte.
Ma perché spesso sentiamo (e purtroppo non raramente) persone appellarsi a frasi come "in certi casi bisognerebbe proprio ricorrere alla pena di morte!"? Forse non se ne percepisce il pericolo? Non si percepisce il valore umano e la conquista sociale che coincide con la sua eliminazione?