Oggi è la giornata mondiale contro la pena di morte.
Pare opportuno sottolineare l'importanza di questa giornata con una fiaba, Pocahontas, dove John Smith viene condannato a morte da Powhatan, padre di Pocahontas.
Proprio Pocahontas salva il condannato, di cui tra l'altro è innamorata, con sagge e commuoventi parole: fa capire al padre che la condanna a morte darebbe il via ad un tale odio contro gli indigeni, che potrebbe portare al loro sterminio.
Grazie a Pochantas, Powathan risparmia la vita a John Smith.
La pena di morte per i reati commessi in tempo di pace è stata eliminata, nel nostro Paese, con l'entrata in vigore della Costituzione repubblicana, il 1° gennaio 1948.
L’ultima condanna a morte per crimini comuni in Italia venne irrogata agli autori della strage di Villarbasse, commessa a scopo di rapina. Enrico De Nicola respinse la grazia e il 4 marzo 1947 i condannati vennero fucilati a Torino.
Successivamente, la Legge Costituzionale n. 2 del 2007 eliminò la pena di morte anche dal codice militare di guerra.
La pena di morte è ancora praticata in molti Stati tra cui Egitto, Libia, Nigeria, Somalia, Sudan, Usa, Iran, Iraq, Giappone, Cina, Corea del Nord, Pakistan, Thailandia, Vietnam ed Emirati Arabi. In Arabia Saudita è prevista la pena di morte per l’omicidio, il terrorismo e persino l’adulterio.
Amnesty International ha registrato 1153 esecuzioni in 16 paesi nel 2023, segnalando un aumento del 31% rispetto alle 883 del 2022.
La giornata mondiale contro la pena di morte ha lo scopo di sancire l’opposizione alla stessa, al fine di ottenerne l’abolizione.
Ha proprio ragione Pochantas: la condanna a morte è una risposta di odio ad un crimine e come tale è proprio errata.
Del resto, come disse Norman Mailer "Perché si uccidono le persone che hanno ucciso altre persone? Per dimostrare che le persone non si devono uccidere?".