Dalla cameretta di Andy Davis, con il suo giocattolo Buzz Lightyear (leggi qui l'articolo sui segni distintivi) ci trasferiamo nell’antica Grecia di Pena e Panico, i due diavoletti arruolati da Ade, Dio dei morti, per uccidere Ercole. Con Pena e Panico cercheremo di fornire una definizione di concorrenza per poi illustrare, nei prossimi articoli, il significato di concorrenza sleale, la sua ratio e le condotte specifiche rientranti in questa particolare condotta.
"E tu…indossi i suoi ARTICOLI FIRMATI?!?!?!". Chi di noi non ricorda la scena divertente di Ade che, nell'inveire contro Hercules, improvvisamente nota i sandaletti firmati "Hercules" indossati da Pena. Il piccolo diavoletto si giustifica sussurrando "Ehm non lo so, mi sono sembrati così eleganti". Ade, furibondo, lo sta per ridurre in cenere, quando si sente un inconfondibile rumore di qualcuno che sorseggia con la cannuccia una bevanda, anch'essa marcata "Hercules": è Panico che, incerto e disincantato, guarda Pena ed Ade che si sono voltati simultaneamente verso di lui e domanda “Ehm…sete?”. Come possiamo classificare la condotta dei due diavoletti nei confronti di Ade? E in che termini è possibile parlare di concorrenza sleale?
Anzitutto, con il termine concorrenza si indica la competizione sul mercato, in un determinato settore, tra persone o imprese finalizzata all’acquisizione e alla conservazione della clientela. Detto in altri termini, la concorrenza si ha quando più operatori economici sul mercato rispondono alla stessa domanda di beni e servizi.
Il riconoscimento legislativo della libertà di iniziativa economica privata e della conseguente libertà di concorrenza è previsto dall'art. 41 Cost. ed è il presupposto necessario affinché si instauri un regime oggettivo di mercato caratterizzato da un adeguato grado di concorrenza effettiva.
L'art. 2595 c.c., infatti, dispone che "la concorrenza deve svolgersi in modo da non ledere gli interessi dell’economia nazionale e nei limiti stabiliti dalla legge" e l'art. 41, co. 2, Cost., ribadisce che "l'iniziativa economica privata è libera", ma "non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale".
Vi è, dunque, la necessità di cercare un punto di equilibrio tra modello teorico ed utopico della piena e perfetta concorrenza e la realtà operativa (tipico dei sistemi giuridici ad economia libera, definita concorrenza sostenibile).
Su questo principio guida l’ordinamento giuridico italiano è teso ad evitare la formazione di situazioni monopolistiche o oligopolistiche e a garantire che la concorrenza si svolga in modo corretto e leale, prevedendo limiti legali (art. 2557 c.c.), limiti negoziali (art. 2596 del c.c.) e vietando espressamente atti configurabili come illeciti anticoncorrenziali (art. 2598 c.c.).
Quanto appena esposto ci permette di affermare che i nostri protagonisti certamente non hanno tenuto una condotta conforme ad una concorrenza leale.
Supponiamo, infatti, che il nostro Ade sia fondatore di un'impresa di abbigliamento del brand "Ade" e Pena e Panico siano suoi dipendenti. L'acquisto di prodotti dall'impresa concorrente "Hercules", da parte dei nostri diavoletti, ben potrebbe configurare una violazione dell’obbligo di fedeltà nei confronti del loro datore di lavoro Ade.
La volontà di alterare significativamente la correttezza della competizione potrebbe realizzarsi anche mediante lo storno (appropriazione), da parte di un’impresa, del personale di un’altra sua concorrente e, tramite questo, anche del suo know-how. Tale pratica, definita storno di dipendenti, presuppone che l’imprenditore concorrente agisca con il fine specifico di danneggiare l’altrui impresa.
Ad esempio, immaginiamo che l’impresa "Hercules" inviti, con offerte irrinunciabili, Pena e Panico a lasciare il loro vecchio lavoro presso “Ade”. In questo caso, l’impresa di Hercules compie atti volti ad impedire al concorrente Ade di continuare a competere.
Quali, dunque, i presupposti fondamentali per l'applicazione della disciplina della concorrenza sleale?
A questa domanda forniremo una risposta nel prossimo articolo in pillole.