Siamo in Scozia, nell'XI secolo: è tradizione che ogni giovane principessa contragga matrimonio per assicurare al regno prosperità e continuità.
Anche per la giovane Merida – protagonista del cartone Ribelle – arriva il fatidico giorno: la madre Elinor le annuncia che i tre lord dei clan MacGuffin, Macintosh e Dingwall, che il padre governa, presenteranno ciascuno il loro primogenito come pretendente alla mano della giovane principessa. I pretendenti dovranno partecipare a dei giochi ed il vincitore potrà fidanzarsi con Merida.
Merida non è d’accordo, ma sua madre insiste sul fatto che è suo dovere accettare la tradizione. Sappiamo poi come la giovane avrà la meglio: parteciperà lei stessa ai giochi e vincerà la sua stessa mano.
Tuttavia, la regina Elinor, nel cercare di indurre la figlia a sposarsi, commette un reato: con la legge 69/2019, infatti, è stato introdotto nel nostro ordinamento l'art. 588-bis c.p., che punisce proprio la costrizione o induzione al matrimonio.
Più in particolare, l'art. 588-bis co. 2 c.p. punisce con la reclusione da uno a cinque anni "chiunque, approfittando delle condizioni di vulnerabilità o di inferiorità psichica o di necessità di una persona, con abuso delle relazioni familiari, domestiche, lavorative o dell'autorità derivante dall'affidamento della persona per ragioni di cura, istruzione o educazione, vigilanza o custodia, la induce a contrarre matrimonio o unione civile".
Questo reato generalmente si consuma in una dimensione familiare, poiché la coercizione o l'induzione vengono spesso esercitate da genitori e parenti della vittima, in un contesto ove c'è un conflitto tra il sentimento di lealtà che la vittima prova nei confronti dei propri familiari e la legittima aspirazione a realizzarsi secondo personali propositi.
La nuova fattispecie delittuosa ex art. 558-bis c.p. pare dunque inserirsi nel novero dei c.d. "reati culturalmente motivati", nel senso che le incriminate pratiche di costrizione o induzione al matrimonio sono spesso motivate da ragioni culturali. Questo è anche il caso di Merida: è la primogenita della famiglia reale e la tradizione le impone di contrarre matrimonio, come aveva fatto sua madre prima di lei e come avevano fatto probabilmente anche le generazioni precedenti. Non ci sono alternative: la cultura di quel tempo imponeva questo iter.
Proprio per combattere fenomeni di questo genere è stato introdotto, nel 2019, il delitto in esame.
Più in particolare, l'art. 588-bis c.p. è stato inserito dal legislatore nel capo dedicato ai delitti contro il matrimonio.
Questa collocazione sistematica indurrebbe a individuare nell'istituto matrimoniale il bene giuridico tutelato dalla nuova fattispecie delittuosa. Questa conclusione, tuttavia, si pone in contrasto rispetto alla natura del fenomeno incriminato e alle esigenze di politica criminale sottese all'intervento del legislatore, che vanno ricercate nella volontà di incriminazione dei matrimoni forzati quale fenomeno, di matrice culturale, che si traduce in una forma di violenza perpetrata, spesso ma non esclusivamente, nei confronti delle donne.
In questo senso, il fenomeno dei matrimoni forzati è considerato una forma di violenza riconducibile nell'alveo delle "violenze di genere", anche secondo quanto previsto dalle raccomandazioni e dalle linee guida delle Nazioni Unite.
La fattispecie di cui all'art. 588-bis c.p., pertanto, deve ritenersi una fattispecie plurioffensiva: tutela il matrimonio ma anche, più in generale, la dignità della donna e il suo diritto di autodeterminarsi al matrimonio. È proprio quello che Merida vorrebbe: scegliere di non sposarsi, come espressione del più ampio diritto all'autodeterminazione in ambito matrimoniale.
Sul piano della condotta tipica, la norma in esame punisce l'induzione a contrarre matrimonio mediante due distinte condotte. La prima si concreta nell’approfittamento, da parte dell’autore del reato, delle condizioni di vulnerabilità o di inferiorità psichica o di necessità in cui versa la vittima.
La seconda, invece, si verifica tramite l’abuso delle relazioni familiari, domestiche, lavorative che intercorrono con la vittima oppure tramite l’abuso dell'autorità che gli deriva dall'aver avuto in affidamento la vittima stessa per ragioni di cura, istruzione o educazione, vigilanza o custodia.
Le modalità descritte finiscono per abbracciare tutte quelle ipotesi in cui il consenso della persona venga ottenuto attraverso violenze psicologiche più sottili e, in generale, abusando dell'autorità genitoriale o familiare.
Elinor, in particolare, abusa della relazione familiare che la lega alla giovane principessa: la regina, infatti, fa notare alla figlia che si è preparata per tutta la vita al matrimonio e che non avrebbe accettato un suo rifiuto.
L'induzione consiste proprio in questo: è una forma di condizionamento psichico per effetto del quale il processo volitivo della persona offesa subisce una alterazione, pur non venendo elisa del tutto.
Questo segna il confine con la condotta di costrizione, ove la volontà della vittima viene eliminata del tutto: ci sarebbe stata costrizione se, ad esempio, Elinor avesse prelevato Merida nel cuore della notte, esercitando quindi violenza nei suoi confronti, e l'avesse presentata direttamente a uno dei pretendenti per il matrimonio.
L'induzione, invece, è una condotta più velata, che si manifesta mediante la persuasione e la suggestione che discendono dalle tradizioni e, nel nostro caso, dal timore reverenziale verso i genitori.
La nostra Merida viene posta di fronte all'alternativa di sposarsi o allontanarsi dalla sua amata famiglia: sceglie quest'ultima ma al costo di ritrovarsi a fuggire nel bosco dopo aver vinto la propria mano e aver umiliato i pretendenti.
L'opposizione di Merida fa sì che la condotta di Elinor si arresti alla soglia del tentativo: affinché si configuri la fattispecie che stiamo esaminando, infatti, è necessario il verificarsi dell'evento, individuato con la specifica espressione "contrarre matrimonio o unione civile".
Il delitto è quindi compatibile con il tentativo che, secondo l'art. 56 c.p., si configura quando l'agente compie atti idonei diretti in modo non equivoco a commettere un delitto ma, per ragioni indipendenti dalla sua volontà, l'azione non si compie o l'evento non si verifica. La condotta di Elinor integrerà, quindi, gli estremi del tentativo perché non riuscirà effettivamente a far sposare la giovane figlia ribelle.
L'art. 588-bis c.p. prevede, inoltre, una aggravante quando la persona indotta al matrimonio è un minore tra i 14 e i 18 anni: in questo caso la pena è aumentata fino a un terzo, secondo la disciplina generale di cui all'art. 64 c.p. Questo è proprio il caso di Merida: quando si ritrova a dover contrarre matrimonio ha solo 16 anni.
Sembra allora non mettersi bene per la regina Elinor, che potrebbe essere chiamata a rispondere per aver tentato di indurre al matrimonio la giovane figlia.
Alla fine, però, come in ogni fiaba che si rispetti, la giovane ribelle l'avrà vinta: dopo una serie di peripezie Merida riuscirà a governare da nubile, con l’accettazione della madre.