Saetta McQueen, l'auto da corsa più ruggente che ci sia, una volta giunto nella città di Radiator Springs, viene arrestato per aver distrutto la strada principale della città. Il giudice del Tribunale del Traffico, il temibilissimo Doc Hudson Hornet, su sollecito degli abitanti, decide di condannarlo alla pena del lavoro socialmente utile. Saetta dovrà rimanere a Radiator Springs finché non avrà terminato la riparazione della strada. Alla prima occasione utile, però, l’auto da corsa scappa via più veloce che può sperando di raggiungere la California per correre la Piston Cup. Pochi km più avanti, tuttavia, è costretto a fermarsi: gli avevano tolto la benzina dal serbatoio!
Tentando la fuga, Saetta, commette il reato di evasione?
Tale fattispecie è disciplinata dall'art. 385 del codice penale che punisce con la pena della reclusione da uno a tre anni,
"Chiunque, essendo legalmente arrestato o detenuto per un reato, evade".
La condotta tipica consiste nell'eludere la sorveglianza degli organi preposti a vigilare sull'arrestato o sul detenuto. Nella storia di Saetta, quindi, l'organo preposto a tale controllo potrebbe essere identificato nel giudice Don o nello sceriffo della città.
Il reato di evasione è considerato un "reato proprio", perché può essere commesso solo da un tipo determinato di soggetti che sono individuati dalla norma: chiunque sia stato legalmente arrestato o detenuto per un reato. Ci si riferisce, quindi, a tutti quei soggetti che si trovino in una particolare condizione di soggezione al potere coercitivo dello Stato.
Oltre agli arrestati e ai detenuti (siano essi in custodia cautelare o in esecuzione di condanna), devono essere considerati soggetti attivi del reato anche i semiliberi che si assentino senza giustificato motivo per oltre dodici ore rispetto al momento del dovuto reingresso, nonché i detenuti che non rientrino da un permesso, sempre entro dodici ore.
Dal punto di vista dell'elemento soggettivo, è richiesto il dolo generico, quindi la volontà di evadere con la consapevolezza di trovarsi in un legittimo stato di detenzione o di arresto.
Sulla base di questi elementi, si potrebbe, quindi, sostenere che la condotta di Saetta integri il reato di evasione. Egli, pur essendo consapevole di trovarsi in uno stato detentivo, ha scelto, volontariamente, di sottrarsi al controllo dello sceriffo e di scappare a tutto gas.
Affinché il reato possa considerarsi consumato, però, il soggetto deve essere riuscito a sottrarsi effettivamente al potere di vigilanza dell'autorità. Nel caso di Saetta, ciò non si è verificato. Lo sceriffo ben sapeva che senza benzina non avrebbe potuto percorrere grandi distanze. Nel momento in cui l’auto da corsa si ferma, infatti, egli è lì ad attenderlo insieme alla Porche 911 Sally.
L'evasione di Saetta è, quindi, solo tentata. Suo malgrado, non si è sottratto effettivamente alla custodia in un modo tale da non essere immediatamente ripreso.
L'art. 385 c.p. individua, infine, due circostanze aggravanti e un'attenuante.
La prima aggravante, si integra se il fatto viene commesso con violenza o minaccia verso la persona o mediante effrazione. La seconda, invece, si riferisce ai casi idi violenza o minaccia realizzate con armi o da più persone riunire. Nel primo caso la pena comminabile è da due a cinque anni, mentre nel secondo è da tre a sei anni.
Relativamente alla circostanza attenuante, invece, essa si riferisce all'ipotesi di pentimento post evasione e si realizza nel caso in cui il soggetto, si costituisca in carcere prima della condanna. Tale circostanza è considerata speciale rispetto a quella prevista dall'art. 62 n. 6 e perciò è escluso il concorso di entrambe.