È possibile che esista la città perfetta? Una città che rispecchia esattamente tutto ciò che vorremmo trovare nella nostra città ideale? Una città in cui non manchi nulla, in cui ciascun cittadino possa sentirsi esattamente al posto giusto?
Questa è l'idea alla base del film d'animazione "La strada per El Dorado". I due protagonisti, Miguel e Tulio, con un passato molto povero alle spalle, essendo cresciuti nella Siviglia del Cinquecento, si trovano improvvisamente catapultati nella meravigliosa "El Dorado", la leggendaria città d'oro del Nuovo Mondo. El Dorado è una città realizzata completamente in oro, dove la povertà non è contemplata e la vita sembra scorrere senza alcuna ombra di problemi.
Insomma: Miguel e Tulio, che partivano dalla povertà della Spagna Cinquecentesca, si ritrovano improvvisamente ricoperti d'oro e di gioielli, senza contare il fatto che gli abitanti di El Dorado, vedendoli arrivare a cavallo, li prendono per Dei ed iniziano a venerarli. Un sogno ad occhi aperti: sono arrivati proprio nella città ideale.
Il Cinquecento è il periodo dell'umanesimo, ed è proprio in questo contesto che lo scrittore e politico inglese Thomas More (Tommaso Moro) pubblica il suo scritto "Utopia". Pubblicato in latino nel 1516, Utopia racconta la storia del viaggio immaginario del protagonista Raffaele Itlodeo su questa isola meravigliosa: Utopia. Qui, in un contesto politico di tipo repubblicano, si tratteggia tutto ciò che non dovrebbe mancare all'interno di una città ideale.
Thomas More si ispira chiaramente alla Repubblica di Platone, a tal punto che decide di omaggiarli dando al proprio scritto una forma dialogica. Utopia è uno scritto suddiviso in due libri. Nel primo, Thomas More descrive l'Inghilterra cinquecentesca, evidenziandone (senza pietà) tutti i difetti e le mancanze.
Nel secondo libro, Thomas More procede con una descrizione dettagliata di Utopia. In questa città ideale viene abolita la proprietà privata, risolvendo moltissimi contrasti tra cittadini, poiché ora tutti i beni sono in comune e non c'è nessuna necessità di commerciare.
Per questo, tutti gli abitanti di Utopia lavorano un massimo di sei ore al giorno. Il resto del giorno è dedicato allo studio e al riposto (considerato fondamentale, a differenza di quanto non fosse nell'Inghilterra del Cinquecento).
Libertà di parola, di pensiero, tolleranza religiosa e assenza di commercio rendono Utopia un posto meraviglioso in cui vivere. Tra il Cinquecento e il Seicento saranno moltissime le riflessioni sul concetto di città ideale. Ad esempio, in Italia, troviamo "La città del Sole" di Tommaso Campanella.
Ad ogni modo… ricordate la fine di El Dorado? Senza fare troppi spoiler: Tulio e Miguel perdono tutto l'oro, anzi, capiscono che la città ideale non può esistere. La città ideale non esiste, e questo lo sapeva bene anche Thomas More. Ciò si evince dal titolo dell'opera "Utopia", che presenta un'ambiguità profondissima: può essere tradotta sia come "luogo ideale", sia come "non-luogo".
La critica, da oggi, è concorde nel ritenere che Thomas More abbia scelto questo titolo proprio per questo motivo: Utopia sarebbe la città ideale; tuttavia… non può esistere nella realtà! Ne abbiamo certezza anche perché il libro è cosparso di nomi che confermano questa supposizione. Un esempio? Il fiume di Utopia si chiama "Anidro", che significa "senza acqua", e il protagonista del libro si chiama "Itlodeo", cioè, "narratore di bugie".
Possiamo essere sognatori come Miguel e Tullio, oppure realisti come il generale Cortes, ma questo non cambia le cose: nessuno di noi, né con le buone maniere, né con gli inganni, né con la forza, potrà mai trovare la città ideale, per un semplice ed inaggirabile motivo: la città ideale non esiste.