Articolo 2052 codice civile: “Il proprietario di un animale o chi se ne serve per il tempo in cui lo ha in uso, è responsabile dei danni cagionati dall’animale, sia che fosse sotto la sua custodia, sia che fosse smarrito o fuggito, salvo che provi il caso fortuito.”
È la notte di Natale del 1909, quando Gianni ("Gianni caro") decide di regalare a sua moglie Lisa la piccola Lilli. Nuove gioie, ma anche nuove responsabilità: da questo momento saranno loro ascrivibili i futuri danni cagionati a terzi dalla loro amata cucciola. La disposizione del Codice civile che disciplina questo tipo di illecito rientra nella macro-categoria della responsabilità extracontrattuale: l'obbligo di corrispondere un risarcimento non trova, qui, la sua origine in un contratto ma in un qualsivoglia fatto antigiuridico (lesivo di un diritto altrui) produttivo di danno. Più precisamente, la responsabilità per danno cagionato da animali rientra nel più ampio genere della responsabilità oggettiva, che implica l'esistenza del solo nesso causale (legame tra condotta ed evento) e obbliga il soggetto al risarcimento, a prescindere dal suo comportamento. Se, per esempio, Lilli dovesse saltare la staccionata per uscire dal suo cortile e finire per distruggere l'aiuola del vicino, non rilevando i c.d. "stati soggettivi" (dolo o colpa), a nulla servirà che Gianni provi di avere diligentemente circondato il giardino con una staccionata molto alta. Sarà ritenuto comunque responsabile.
Si configura qui un'ipotesi di responsabilità alternativa: a risarcire il danno ex art. 2052 c.c. saranno quindi o il proprietario dell'animale o chi ne faccia uso. "Avere in uso" l’animale equivale ad esercitare su di esso un potere effettivo (di governo, di vigilanza e di controllo). In altri termini, chi, col consenso del proprietario, ne faccia uso per soddisfare un interesse autonomo ed in modo tale che il proprietario non ne abbia più, in fatto o in diritto, il controllo.
L'articolo in esame individua, dunque, nel proprietario dell'animale il primo soggetto a cui rivolgersi per i danni cagionati dalla creatura. Questo è valido tanto nella circostanza, abituale, che abbia la bestiola sotto la sua custodia, quanto nell'ipotesi in cui questa fugga. Supponiamo che Lilli, scappata con il randagio Biagio al ristorante italiano "Tony" per l'iconica cena con spaghetti e polpette, si lanci sui tavoli per arraffare del cibo, rovesciando e rompendo così tutto quanto. In tal caso, sarà Gianni a dover provvedere al risarcimento.
Una responsabilità è poi prevista anche per il soggetto che si serve dell'animale, quindi in capo a chi ne ha il governo, la custodia. Il concetto di custodia, a lungo dibattuto, è stato risolto dalla giurisprudenza prevalente nel senso di ritenere il proprietario responsabile (nel caso in cui affidi l'animale ad altra persona), solo nel caso in cui lo stesso sia in concreto in grado di esercitare il potere di controllo. Se, quindi, il padrone del cane non fosse nella condizione materiale di poter vigilare sull'animale, e questo fuggendo creasse un danno, ne risponderebbe chi lo detiene per il solo fatto di averne temporanea custodia. Dovrà quindi prestare molta attenzione zia Sara quando Gianni e Lisa, assentati da casa per qualche giorno, le affideranno la cura del bambino e della piccola Lilli, perché relativamente a quel lasso di tempo potrà esserle chiesto il risarcimento del danno causato dalla piccola a quattro zampe.
Sempreché, ben inteso, non riesca a provare il "caso fortuito": quell'evento qualificabile come esterno, straordinario e imprevedibile, che interrompe il nesso tra la condotta di Lilli e il pregiudizio cagionato e che, in definitiva, rappresenta l'unica via per il padrone dell'animale (o per chi ne abbia la custodia), per liberarsi dalla responsabilità.