La "forma" culturale del medioevo ha un autore. Questo autore è Agostino d'Ippona, filosofo, vescovo e teologo romano, meglio conosciuto con il nome di Sant'Agostino.
Agostino ha plasmato non solo la cultura medievale, ma anche quella europea. È infatti uno dei filosofi più studiati dagli autori moderni e anche contemporanei. I valori dell'uomo occidentale, sono i valori raccontati da Sant'Agostino. Come ha affermato il professor Mario Cioffi in occasione del convegno nazionale UGCI su "Spirito e lettera della legge, oggi", svoltosi a Roma nel 2017, "senza Agostino saremmo tutti più poveri".
È proprio Agostino che per primo inserisce in un contesto legale le grandi tematiche teologiche, sistematizzando soprattutto i concetti di "diritto" e di "stato".
Capolavoro di Agostino è il "De Civitate Dei":
"Se non è rispettata la giustizia, che cosa sono gli Stati se non delle grandi bande di ladri? Perché anche le bande dei briganti che cosa sono se non dei piccoli Stati?".
(Agostino, De Civitate Dei, cap. IV, 4)
All'interno di questo scritto, pubblicato verso il 400 d.C. e organizzato in ventidue libri, Agostino non si limita a difendere il cristianesimo, ma avanza considerazioni critiche sulle questioni politiche e sociali della propria epoca.
Agostino tratta anche del tema della salvezza dell'uomo: la Storia ha infatti un significato, tende verso un fine. Un tema che nasce con il cristianesimo e che avrà larghissima fortuna (pensiamo alla filosofia della storia di Hegel), benché non abbia precedenti né nel mondo greco, né in quello romano, i quali erano concentrati sull'idea della ciclicità del tempo.
Agostino mette l'uomo di fronte alle proprie responsabilità: l'uomo può scegliere. Ogni uomo può scegliere. Ciascuno di noi può scegliere se vivere secondo le leggi dello spirito o seguendo gli istinti e la carne. Ciò che conta, è che ogni scelta comporta inevitabilmente delle conseguenze.
Per capirci meglio: proviamo a pensare al celebre cartone "Il gobbo di Notre Dame" della Disney. Pensate ai suoi personaggi: emerge chiaramente, tra loro, chi potrebbe collocarsi nella "città di Dio" e chi nella "città terrena". Questo parallelo ci aiuta a capire anche un altro dettaglio dell'opera di Agostino: gli abitanti delle due città vivono la stessa città fisica, quello che li distingue è solo una scelta interiore. La città che abitano, è una città del cuore.
L'opera di Agostino si colloca in un contesto socio-politico estremamente delicato: quello dalle invasioni barbariche, che minacciano l'Impero Romano d'Occidente, già fragile. In questa situazione, il Sacco di Roma del 410 viene interpretato dai pagani come una punizione divina per aver fatto entrare a Roma il cristianesimo.
È qui che Agostino si schiera in difesa del Cristianesimo e coglie l'occasione per criticare lo stato: non è il cristianesimo ad aver indebolito Roma, perché Roma è stata indebolita dai problemi politici.
L'opera di Agostino è la prima che tenta una ricostruzione della storia dal punto di vista cristiano. Sono gli uomini che scelgono: chi decide di vivere secondo lo spirito, appartiene alla Città di Dio; chi si arrende alla carne, resta nella Città terrena. Gli abitanti delle due città vivono insieme nel mondo: non si tratta di città fisiche, ma di scelte interiori.
Scrive Agostino:
"L’amore di sé portato fino al disprezzo di Dio genera la città terrena; l’amore di Dio portato fino al disprezzo di sé genera la città celeste. Quella aspira alla gloria degli uomini, questa mette al di sopra di tutto la gloria di Dio".
(Agostino, De Civitate Dei, XIV, 28)
Agostino scrive che la legge naturale si forgia sul modello della vocazione divina dell'uomo. Dopo la caduta di Adamo, resta nell'uomo un barlume della legge eterna divina. La legge di Dio, scrive Agostino, è "la ragione divina o volontà di Dio, la quale comanda che l'ordine naturale sia conservato e vieta che sia turbato".
Nessun tipo di legge può distruggere la legge divina, che è "scritta nei cuori degli uomini". Ed è proprio su questa legge eterna che si fonda le legge positiva, che può funzionare solo se si basa sulla giustizia. Agostino scrive infatti che "se la legge non è giusta, è una legge nulla".
C'è di più: tutti i seguaci dello spirito non hanno bisogno della legge positiva, perché già seguono quella eterna. La legge positiva serve solo per chi è devoto alla carne, non essendo in grado di comprendere quella eterna.
La coscienza è stata impressa nei cuori degli uomini dal Creatore: ecco perché per chi è devoto a Dio la legge eterna è chiara. C'è una legge interiore che sa giudicare ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.
Pensate a Quasimodo del Gobbo di Notre Dame: sa esattamente cosa fare, e sa che è la cosa giusta, senza che nessuna legge debba imporglielo. Pensate invece a Frodo: un degno abitante della città della terra, concentrato sui propri interessi e disposto a tutto pur di raggiungerli (anche se, con "città della terra" Agostino non intende necessariamente persone malvagie, come invece Frodo è).
Una legge interiore guida il cuore di Quasimodo è quelli di coloro che abitano la città di Dio. Qualcosa che Kant terrà a mente nel momento della stesura della sua Ragion Pratica. Uno dei tanti esempi della fortuna dell'opera di Agostino.