Nell'Inghilterra del principe Giovanni, lo spietato Sceriffo di Nottingham visita la chiesa di Fra Tuck e si appropria dell'ultimo soldo dalla cassetta dell'elemosina, dichiarando si tratti di tasse da riscuotere. Il gesto fa infuriare il frate che lo aggredisce fisicamente e verbalmente cercando di allontanarlo dalla chiesa.
Ma che reato avrebbe commesso Fru Tuck nel nostro ordinamento?
L'art. 336 del Codice Penale disciplina il reato di "Violenza o minaccia a pubblico ufficiale" e al primo comma recita così:
"Chiunque usa violenza o minaccia a un pubblico ufficiale o ad un incaricato di pubblico servizio, per costringerlo a fare un atto contrario ai propri doveri, o ad omettere un atto dell'ufficio o del servizio, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni".
Il reato consiste, quindi, nel costringere un pubblico ufficiale, che nel nostro esempio è rappresentato dallo Sceriffo di Nottingham, a compiere atti contrari al proprio dovere o ad omettere atti legittimi (riscuotere i tributi dal frate).
La fattispecie in questione delinea un reato plurioffensivo perché lede più di un interesse giuridicamente tutelato: la libertà fisica e morale della persona del pubblico ufficiale/incaricato di pubblico servizio e il buon andamento della pubblica amministrazione, cioè l'interesse che l'attività pubblica venga svolta con regolarità.
Se la persona offesa dal reato deve necessariamente essere un pubblico ufficiale, non è invece richiesto che il soggetto agente ricopra una qualifica particolare; si tratta infatti di un reato comune che può essere commesso da chiunque.
Ciò vuol dire che, se Fra Tuck avesse aggredito qualcun altro, non si sarebbe potuto configurare questo reato; al tempo stesso anche qualora fosse stato proprio lo sceriffo ad aggredire il frate non ci saremmo trovati dinanzi a questa fattispecie penale.
Come si è detto, la condotta penalmente rilevante può consistere in una minaccia o in un atto violento.
Per quanto attiene alla minaccia, essa ha la medesima connotazione data dall'art. 612 c.p. che la identifica come la prospettazione di un male ingiusto la cui verificazione dipende dalla volontà dell'agente. La violenza, invece, può essere propria o impropria. Nel primo caso intendiamo l'impiego di forza fisica su persone o cose che viene esercitata direttamente o mediante l'uso di uno strumento. Nel nostro esempio Fra Tuck aggredisce lo sceriffo con un bastone, applica cioè una violenza propria per mezzo di uno strumento. La violenza è impropria, invece, quando si utilizza un qualsiasi mezzo idoneo a coartare la volontà della persona offesa.
La violenza o la minaccia devono essere orientate a costringere il pubblico ufficiale
Dal punto di vista dell'elemento soggettivo è richiesto il dolo specifico perché la violenza o la minaccia devono essere orientate a costringere il pubblico ufficiale a compiere un atto contrario ai propri doveri d'ufficio o ad omettere un atto del proprio ufficio o servizio. Nel nostro esempio la violenza applicata da Fru Tuck era volta ad impedire che lo sceriffo compiesse un atto del proprio ufficio, cioè la riscossione dei tributi.
Si tratta, però. di un reato di mera condotta che si consuma indipendentemente dal raggiungimento dello scopo da parte dell'agente: è sufficiente che la condotta abbia la funzione di influenzare la capacità di autodeterminazione del pubblico ufficiale. Ciò significa che non è necessario che Fra Tuck riesca concretamente ad impedire la riscossione dei tributi ma è sufficiente che abbia usato violenza nei confronti dello sceriffo per impedirgli fattivamente di farlo.