È una giornata di sole e la Principessa Maria Antonietta di Francia si accinge a compiere la sua prima passeggiata a cavallo. La principessa è emozionatissima, non sta più nella pelle, ma molti intorno a lei temono che a causa delle sue incapacità, il cavallo possa imbizzarrirsi e farla cadere.
Nonostante l'occhio vigile di Andrè e di Madamigella Oscar, la principessa lascia le redini e il cavallo prende a correre all'impazzata verso la fontana. A nulla servono gli sforzi di Andrè di frenare il cavallo. Sarà solo grazie all'intervento di Oscar che la principessa si salverà da una rovinosa caduta in acqua.
Tutti a Corte sono sconvolti e per l'accaduto, Re Luigi XV condanna Andrè alla pena di morte per non aver adeguatamente vigilato sul cavallo della principessa e aver così messo in pericolo la sua vita. Quando tutto sembrava perduto, Madamigella Oscar, con ammirevole coraggio si presenta al cospetto del Re per chiedere che Andrè venga sottoposto ad un regolare processo o, in alternativa, di essere condotta al patibolo al suo posto.
Nella storia, il Re decide di graziare Andrè e non punire né lui, né Oscar; quello che però è interessante capire è se nel nostro ordinamento l'eventuale condanna di Oscar sarebbe stata in qualche modo legittima.
In primis bisognerà dire che, senza ombra di dubbio, la sostituzione dei condannati non sarebbe stata possibile. L'art. 27 Cost. afferma che la responsabilità penale è personale.
Non è quindi ammissibile che qualcuno venga punito per un fatto senza che sussista un nesso psicologico tra l'agente e il fatto stesso. Punire Oscar per un fatto commesso da Andrè, senza che vi sia alcuna partecipazione anche solo psicologica a quel fatto, sarebbe certamente incostituzionale.
L'art. 27 Cost. sancisce uno dei principi cardine dell'ordinamento penale, quello di colpevolezza, che oggi viene declinato nel suo significato di responsabilità colpevole. Perché un soggetto possa essere punibile, è necessario un collegamento psicologico, almeno nella forma della colpa, tra il soggetto stesso e il fatto ed è altresì necessario che esso sia rimproverabile.
Il principio si pone a tutela della libertà di autodeterminazione del singolo che sarebbe inevitabilmente frustrata se si ammettesse la possibilità di accollare all'agente conseguenze incontrollabili.
Escluso che Oscar possa sostituirsi ad Andrè nell'esecuzione della pena, quello che ora ci si chiede è se, invece, il Re avesse potuto giustificare la condanna decidendo, sul momento, che la condotta di Oscar rappresentava un reato. Ebbene, anche in questo caso, la risposta è negativa.
L'art. 25, co. 2 Cost. sancisce un altro caposaldo del diritto penale: il principio di legalità. In forza di questo articolo
"Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso".
Cosa significa? Ebbene, per dirla in modo semplice, vuol dire che nessuna punizione può essere inflitta se nell'ordinamento non esiste una norma antecedente che considera quella determinata condotta come un reato.
Pertanto, se nell’ordinamento non vi è nessuna disposizione che punisca colui o colei che faccia cadere da cavallo la regina, il Re non potrà decidere sul momento di rendere un reato quel comportamento e, di conseguenza, condannare Oscar per averlo commesso.
Si tratta di una previsione che fornisce una tutela fondamentale per l'individuo e al tempo stesso genera diverse implicazioni in materia penalistica, di cui ci occuperemo nelle prossime puntate.
Per il momento basti ricordare che nessuno potrà mai essere punito per un fatto che al momento in cui è stato commesso, non era previsto dalla legge come reato.