Gli uomini nascono liberi, eppure… eppure (scrive il nostro caro Rousseau) "l'uomo dappertutto è in catene".
Famosissima è questa frase del Secondo Discorso di Rousseau sull'origine della disuguaglianza tra gli uomini (1755).
Come è possibile che uomini nati liberi si ritrovino poi in catene? Da dove viene la disuguaglianza tra gli uomini? È qualcosa che fa parte della natura stessa degli uomini? O è forse qualcosa che ha origine in un contesto già sociale?
Pensiamo per un secondo a Pocahontas, ambientato agli inizi del 1600, durante l'esplorazione di quello che si era soliti chiamare "Il Nuovo Mondo".
Quando il capitano inglese John Smith sbarca nelle terre di quella che (qualche tempo dopo) diventerà la Virginia, si rende immediatamente conto di essere giunto in un posto in cui la popolazione non conosce ancora le dinamiche di potere che sono invece tanto care all'Europa moderna.
Il Governatore Ratcliffe, a capo della spedizione esplorativa, ha un unico obiettivo: trovare più oro possibile, per tornare in patria più ricco (e quindi, socialmente accettato).
Rousseau, nel suo Secondo Discorso, ci dice che l'origine della disuguaglianza sociale si colloca in un momento ben preciso della storia dell'uomo. In effetti, scrive Rousseau: "Il primo che, avendo cintato un terreno, pensò di dire 'questo è mio' e trovò delle persone abbastanza stupide da credergli fu il vero fondatore della società civile".
Per Rousseau tutti i mali della società (e quindi, la disuguaglianza) nascono proprio come conseguenze della proprietà privata. È solo con la proprietà privata che l'uomo ha per la prima volta occasione di riflettere sulle differenze tra se stesso e gli altri, generando così i i primi germogli della disuguaglianza.
Riflettiamo sulle parole della canzone intonata dal governatore Ratcliffe in Pocahontas: "Mio, mio, di ogni montagna quell'oro che troverete! (…) è oro ed è mio!".
Il governatore Ratcliffe incarna perfettamente le dinamiche che si costruiscono una volta (potremmo dire) "usciti dallo stato di natura", quando ormai la disuguaglianza è all'ordine del giorno, e si è già affermata (come spiega Rousseau) anche la necessità di "apparire socialmente" per plasmare l'opinione pubblica. E per Rousseau tutto questo porta ad un esito tragico: le leggi non hanno affatto lo scopo di tutelare i deboli, servono piuttosto a legittimare la disuguaglianza e tutelare la schiavitù dei ricchi sui poveri.
Al contrario, Pocahontas e le comunità delle terre non ancora colonizzate incarnano quelli che Rousseau definirebbe gli uomini precedenti alla civilizzazione: gli uomini dello stato di natura di Rousseau. I "selvaggi" sono liberi, sereni, vivono in un contatto sincero con se stessi e con la natura che li circonda, senza conoscere disuguaglianze artificiali (cioè diverse da quelle fisiche).
E questo spirito si può trovare nella canzone che canta Pocahontas, "I colori del vento": "Tu credi che ogni cosa ti appartenga / La terra e ogni paese dove vai / Ma sappi invece che ogni cosa al mondo / È come te, ha uno spirito, ha un perché".