"I re mirino anzitutto al bene comune[…], perché se agiscono diversamente, curando il proprio vantaggio, non sono re, ma tiranni."
(San Tommaso d'Aquino, La politica dei principi cristiani)
Questa frase di San Tommaso d’Aquino ci illustra ciò che non dovrebbe mai essere un buon sovrano secondo il filosofo. Un buon sovrano dovrebbe essere attento al proprio popolo e ragionare in base al bene del popolo, non in base agli interessi personali: altrimenti, non sarebbe un re, ma un tiranno.
Per intenderci: pensate a Jafar, il visir astuto e affamato di potere, antagonista per eccellenza del capolavoro della Disney "Aladdin". Jafar è l'esempio perfetto per spiegare quello che, secondo Tommaso d'Aquino, un sovrano non dovrebbe mai essere. Jafar è il tipico esempio di chi pensa solamente a se stesso e ai propri interessi, al posto di preoccuparsi, come scrive Tommaso, del "Bene Comune".
Tommaso d'Aquino nacque tra il 1221 e il 1227, e fin da subito dimostrò una forte vocazione religiosa (venne oblato all'età di soli cinque anni). Fu allievo del domenicano Alberto Magno, e il suo pensiero è sicuramente il più complesso e affascinante di tutta la filosofia medievale occidentale.
Fra le altre cose, Tommaso si è occupato anche di diritto, e le sue riflessioni in materia sono strabilianti. Quali sono i limiti del diritto? Quali sono i suoi compiti? Quali sono i compiti dello stato? E che cosa deve fare la politica? Mai nessuno ci aveva ragionato prima in questi termini. Tutto questo, viene disegnato da Tommaso su di uno sfondo puramente etico.
Per lungo tempo, in molti hanno visto Tommaso come l'apice della filosofia medievale, il punto più elevato. Ad esempio, questo è il parere dello storico della filosofia Etienne Gilson, che, oltre ad essere un grande esperto di filosofia medievale (a lui si deve proprio uno dei manuali di filosofia medievale più importanti del secolo scorso), fu anche uno dei massimi esponenti del neotomismo. Sicuramente non è in dubbio l'importanza fondamentale di Tommaso; tuttavia, è stata in qualche modo "superata" l'idea che la filosofia di Tommaso faccia da vetta a tutto il medioevo, sebbene ne sia certamente un punto fermo.
Nel suo scritto "Sulla verità", Tommaso scrive che "l'ente non può essere pensato senza il vero". Tralasciando la fondamentale questione dell'ente e dell'essenza in Tommaso (che riguarda solo marginalmente la sua visione del diritto), Tommaso, con queste parole, intende dire una cosa molto importante. Se l'ente non può essere pensato senza il vero, questo significa che tanto il diritto quanto l'uomo devono avere una verità corrispondente: l'uomo ha la ragione, e il diritto ha la giustizia.
Insomma: Tommaso non solo ammette l'esistenza di una legge divina, ma aggiunge anche che questa legge divina non può impedire l'esistenza di un'altra legge: quella umana. Siamo di fronte all'autonomia della legge umana, che viene per la prima volta scollegata da quella divina. Leggendo Tommaso alla lontana, possiamo affermare di essere (finalmente) di fronte ad una lettura di tipo laico. Ed ecco perché il diritto umano si basa sulla razionalità degli uomini, dal momento che ha come obiettivo il "Bene Comune".
Sempre per questo motivo, Tommaso afferma che non possono esistere sovrani legibus soluti (cioè, superiori alle leggi): il sovrano deve essere il primo a comprendere e seguire la razionalità delle leggi. Esatto, comprendere: la legge umana è comprensibile e chiara ad ogni uomo dotato di ragione, perché è razionale.
Che cosa avrebbe detto Tommaso di Jafar? Disposto a tutto pur di fare i propri interessi e raggiungere i propri scopi, senza curarsi del bene comune? Che cosa avrebbe pensato del suo desiderio di diventare un genio così potente da governare tutto il mondo?
Jafar cerca Aladdin per sfruttare il potere del suo "diamante allo stato grezzo", e fa credere a Jasmine che Aladdin sia stato condannato a morte. Jafar tenta anche di uccidere Aladdin, ma fortunatamente fallisce. Non solo, Jafar circuisce il Sultano al fine di farsi promettere la mano della figlia Jasmine, ma non per amore di quest’ultima, bensì per regnare su Aggrabah.
Analizzando la figura di Jafar è proprio palese come questi miri esclusivamente alla propria brama di potere e ricchezza. Il Visir non considera mai, nemmeno il suo fidato compagno Iago, come un essere (umano e non) dotato di raziocinio e meritevole di profittare, insieme a lui, dei beni e dei privilegi acquisiti con le proprie cariche. Una politica, quindi, che mira all’ “io” e non al "bene comune", inteso come bene della società per la società.