La scorsa volta ci siamo soffertati a riflettere sul concetto di sistemizzazione tra Cristianesimo e diritto romano (puoi recuperare l'articolo cliccando qui). Riprendiamo oggi il discorso dal punto in cui lo avevamo interrotto.
Per la nostra riflessione sarà utile ripartire dalla frase di Pietro che ci sta guidando in questo percorso_
"13. Siate sottomessi, per amor del Signore, a ogni umana istituzione: al re, come al sovrano; 14. ai governatori, come mandati da lui per punire i malfattori e per dare lode a quelli che fanno il bene. 15. Perché questa è la volontà di Dio: che, facendo il bene, turiate la bocca all'ignoranza degli uomini stolti. 16. Fate questo come uomini liberi, che non si servono della libertà come di un velo per coprire la malizia, ma come servi di Dio. 17. Onorate tutti. Amate i fratelli. Temete Dio. Onorate il re". (Pietro, 2:13-17)
Abbiamo visto come in questo passo della Bibbia venga evidenziata l'importanza di sottomettersi al sovrano, ribadendo come per i Cristiani la sottomissione al sovrano derivi dalla volontà di Dio. È estremamente interessante lanciare uno sguardo alla modernità e osservare il modo in cui questa consapevolezza si evolverà nel corso dei secoli: dal Seicento in poi, sarà il contrattualismo (soprattutto quello di Hobbes) a sottolineare l'importanza della sottomissione al Sovrano.
Non a caso, nella copertina del suo "Leviatano" Hobbes ritrae un sovrano che tiene in una mano il simbolo del potere temporale, nell'altra quello del potere spirituale: se prima (nel Cristianesimo) Dio era superiore al sovrano, da lì in poi i ruoli si invertiranno. Anzi, vedremo che il rapporto politica-leggi e religione sarà completamente ribaltato.
Torniamo ora a capire l'evoluzione della sistematizzazione del Cristianesimo.
Un passo in avanti per capire l'evoluzione del rapporto tra paganesimo e cristianesimo è l'Editto di Milano del 313 d.C. Tale editto voleva trovare una politica religiosa comune per l'Impero Romano di Oriente (di Licinio) e di Occidente (di Costantino). L’Editto di Milano venne promulgato dopo l'Editto di Galerio del 311 d.C., che fu di vitale importanza: in seguito alla sua entrata in vigore, cessarono le persecuzioni dei cristiani all'interno dei confini dell’impero, ed il cristianesimo divenne culto riconosciuto e ammesso dall'Impero.
Il seguente editto di Milano non solo sanciva la libertà di culto, ma imponeva anche di restituire tutti i luoghi e i possedimenti in precedenza sequestrati ai cristiani nel periodo delle persecuzioni.
Siamo nel 325 d.C. quando l'Imperatore Costantino I (274 – 337) convoca il Concilio di Nicea. Si tratta del primo concilio ecumenico (cioè, al quale parteciparono tutti i vescovi cristiani) della storia del cristianesimo. Lo scopo di Costantino era doppio: da una parte voleva giungere ad una pace religiosa duratura, dall'altra voleva trovare una soluzione all'indebolimento della società e dello Stato romano causato dai forti contrasti tra cristiani e pagani.
Le decisioni del concilio furono molteplici. Innanzitutto, condannò l'arianesimo[1]. Vennero poi prese decisioni di tipo disciplinare e dottrinale, e, per quanto riguarda la sistematizzazione e l'organizzazione del cristianesimo, assistiamo a qualcosa di fondamentale: l'organizzazione interna della Chiesa. Ad esempio, venne confermata la carica del metropolìta[2], cioè gli arcivescovi che presiedevano una provincia ecclesiastica e che erano in diretto contatto con la Santa Sede, incaricati di svolgere diverse funzioni.
Proprio durante il Concilio di Nicea venne calcolata per la prima volta la data della Pasqua cristiana, svincolandola dalla Pasqua ebraica.
In occasione del Concilio di Nicea per la prima volta un Imperatore (sottolineiamo, pur non essendo ancora convertito al cristianesimo) ebbe un ruolo attivo e decisionale: il potere temporale venne utilizzato per far rispettare le decisioni del concilio. Infatti, i vescovi vennero minacciati di essere condannati all'esilio o alla morte qualora non si fossero dimostrati d'accordo con le decisioni prese. Possiamo considerare questo Concilio come la data d'inizio del cesaropapismo, cioè dell'unione del potere temporale (Stato) e di quello spirituale (Chiesa) nelle mani della stessa persona (l'imperatore).
Costantino I, tuttavia, mantenne per tutta la vita il titolo romano di Pontifex Maximus, ponendosi a capo di una politica volta alla mediazione e alla tolleranza rispetto ai vari credo religiosi. Ricevette il battesimo solo sul letto di morte, benché non poche fonti storiche sembrerebbero provare il fatto che Costantino iniziò gradualmente e fin da giovane ad avvicinarsi alla religione cristiana.
Stiamo vedendo come due forze parallele tendono a muoversi nella stessa direzione: da una parte, la religione cristiana si concretizza e "mette in regola" sia dogmaticamente nei precetti della Bibbia che, organizzativamente, attraverso le decisioni prede durante editti e concili.
Dall'altra, il corpo di leggi romane trova un punto di unione nel Corpus Iuris Civilis dell'imperatore Giustiniano (che regnò dal 527 al 565). Grazie a questo corpo di leggi fu possibile sistematizzare il sistema giuridico dell'impero bizantino. Tutto, in quest'epoca, mira a voler ordinare e sistematizzare, puntando ad arrivare lontano.
Basta pensare alla fortuna di cui il Cristianesimo gode ancora oggi, e al fatto che il codice giustinianeo ha rappresentato la base del diritto comune europeo fino all'arrivo del codice napoleonico.
Il Corpus Iuris Civilis venne elaborato dal giurista bizantino Triboniano. Il successo del Corpus è testimoniato anche dalla diffusione dell'Ecloga, cioè della sua versione riassunta.
Il Corpus si compone di quattro parti (Institutiones, Digesto, Codex, Novellae Constitutiones), tutte con lo scopo di riordinare il disordinato sistema di leggi romane. Il codice giustinianeo è fondamentale per il diritto occidentale: i principi che vi sono espressi saranno alla base delle legislazioni dei moderni stati europei.
[1] Ario fu un monaco e teologo cristiano che venne condannato durante il primo Concilio di Nicea in quanto sosteneva che la natura del Figlio fosse inferiore a quella del Padre (arianesimo).
[2] Titolo già individuato durante il Concilio di Milano del 313 per volere di Diocleziano.